8 Marzo 2021

«Comprare vaccini in tutto il mondo. La priorità ora è salvare la pelle» – Intervista a ‘Libero’

Europarlamentare, commissario Ue per i Trasporti, commissario all’Industria, presidente del parlamento europeo e adesso vicepresidente del Partito popolare europeo. Se esiste un curriculum europeista ed atlantista in Italia è quello di Antonio Tajani, numero due di Forza Italia. Eppure è stato tra i primi “eretici” a dire che abbiamo bisogno del vaccino russo Sputnik. Ed è sempre lui ad aprire le porte al vaccino cinese: «Se funziona, ben venga. Nessuna sudditanza politica, i vaccini li paghiamo con i nostri soldi».

Il ministro delle Finanze tedesco, Olaf Scholz, ha definito la gestione del programma vaccini da parte della Ue «una catastrofe totale». La pensa così anche lei?
«”Catastrofe totale” mi pare esagerato. L’inizio era stato buono: l’idea di svolgere il ruolo di fornitore unico era giusta e utile anche per noi, l’Italia avrebbe faticato ad acquistare i vaccini a prezzi così bassi. La Ue si è persa col passare delle settimane, perché non è riuscita a rendere operativi tutti i contratti siglali. Lì è evidente che qualcosa d’importante non ha funzionato».

Crede ancora che la Ue possa rimediare?
«Deve rimediare. Adesso sta cercando di acquistare altri vaccini, però le competenze sulla sanità restano pur sempre nazionali. In vista delle possibili future pandemie bisogna fare un esame di coscienza: vogliamo che ci sia un lavoro coordinato e fatto bene? Dobbiamo dare all’Unione i poteri necessari».

Nel frattempo dobbiamo liberarci dal Covid. Chi può cerca di procurarsi i vaccini tramite accordi bilaterali con la Russia, con la Cina o con Israele. Noi italiani che dobbiamo fare?
«Il protocollo europeo autorizza gli Stati a fare accordi simili, purché non riguardino le società che hanno già siglato accordi di fornitura con la Commissione europea. Vaccini aggiuntivi, da altri produttori, possono essere acquistati. Noi italiani dobbiamo usare quelli che ci arrivano tramite la Ue e comprarne altri, da produttori diversi».

Lei è stato uno dei primi a spingere affinché l’Unione europea trattasse con la Russia per l’acquisto del vaccino Sputnik. Pare che l’abbiano ascoltata.
«Molti Paesi europei hanno già adottato Sputnik. L’Agenzia europea del farmaco ha il dovere di valutare rapidamente la qualità del vaccino e, se questa fosse confermata, di autorizzarlo».

L’Italia è messa peggio di quasi tutti gli altri Paesi Ue.
«Sì, ma la malattia non si ferma ai confini geografici. Un accordo europeo con i russi va trovato, perché più vaccini ci sono e meglio è. Noi italiani dobbiamo farci dare le licenze e iniziare a produrli il prima possibile: per mettere a regime una simile produzione servono almeno cinque o sei mesi».

Chi dovrebbe produrre i vaccini in Italia? Lo Stato o i privati?
«I privati, ovviamente. Non siamo in Unione sovietica. Devono farlo i privati acquistando le licenze da chi le detiene».

Resta il fatto che il vaccino non è un prodotto come gli altri. Vladimir Putin vuole usare Sputnik per allargare la propria sfera d’influenza politica. Ai nostri alleati di Washington la prospettiva di vederci fare accordi coi russi non entusiasma.
«La priorità, adesso, è salvare la pelle degli italiani e degli europei. A me poco interessa se il vaccino è prodotto in Russia, negli Stati Uniti o in Germania: conta solo che sia efficace. Già abbiamo pagato abbastanza per le guerre commerciali, non è il momento di farne altre. Se il vaccino russo funziona, compriamolo».

Il discorso vale anche per il vaccino cinese Sinovac?
«Occorre valutarlo. Quello russo sembra avere un’efficacia maggiore. Ma se funziona pure quello cinese, prendiamolo. Ciò non significa che poi bisogna sottomettersi a chi ce lo vende: il vaccino lo paghiamo, mica ce lo regalano».

È favorevole al passaporto vaccinale, che tra qualche mese dovrebbe permetterci di spostarci liberamente per l’Europa?
«Assolutamente sì, fa parte del “piano vaccini” che abbiamo consegnato al presidente Draghi. Forza Italia è l’unico partito ad avere elaborato un piano del genere».

Lei è vicepresidente del Partito popolare europeo, nel quale potrebbe entrare la Lega. Matteo Salvini, al momento, non ha fatto richiesta, ma se la presentasse lei sarebbe il primo cui gli altri del Ppe chiederebbero un parere. Cosa direbbe?
«La Lega ha fatto un importante passo avanti nella giusta direzione quando ha deciso di sostenere il governo Draghi. E naturalmente, per entrare nel Ppe, dovrebbe aderire ai valori che lo contraddistinguono. Se lo facesse, scegliendo di diventare una grande forza europeista, non ostacolerei certo io questo percorso: semmai farei di tutto per agevolarlo. Berlusconi è stato chiaro: saremmo ben lieti di vedere la Lega condividere le nostre posizioni».

Intanto, però, dal Ppe se n’è andato il premier ungherese Viktor Orbán, con il suo partito Fidesz. Decisione inevitabile, perché il Ppe era pronto a sospendere la loro intera delegazione.
«È stato un errore fare andare via Orbán. Noi di Forza Italia abbiamo fatto di tutto per impedirlo. Assieme ai Républicains francesi, alla Cdu tedesca e al Partido Popular spagnolo abbiamo tentato una mediazione. C’è stato però un irrigidimento da parte di altri, al quale è seguito lo strappo di Orbán».

Per «altri» intende i polacchi?
«Anche, ma non solo. Certo, il presidente del Ppe, Donald Tusk, è polacco, e il suo ruolo è pesato».

Cosa pensa quando vede i sondaggi che danno Forza Italia intorno all’8%, sei punti in meno rispetto alle politiche del 2018?
«Penso che paghiamo l’assenza di Berlusconi dalla scena politica italiana. Ha subìto attacchi continui e immotivati, nei suoi confronti c’è stato un accanimento giudiziario tremendo. Si è candidato per il Parlamento europeo ed è stato il più votato insieme a Salvini, ma è comunque una cosa diversa. Quando un partito gioca senza leader, la sconta. Nel nostro caso è come se la Juventus scendesse in campo senza Cristiano Ronaldo».

Come pensate di riuscire a tornare centrali?
«Nella qualità non abbiamo mai smesso di esserlo: la scelta di un govemo che chiamasse a raccolta tutte le energie del Paese è partita da Berlusconi. Adesso dobbiamo tornare protagonisti anche nei numeri».

Giorgia Meloni all’opposizione è un problema? L’avreste preferita nel governo con voi?
«Rispetto la scelta di Fratelli d’Italia, ma per il centrodestra sarebbe stato meglio entrare uniti in maggioranza. Noi di Forza Italia siamo al governo per far valere i nostri contenuti, i nostri deputati e senatori non stanno certo lì a fare gli schiacciabottoni. Intendiamo essere determinanti, dobbiamo dire le stesse cose che dicevamo quando eravamo all’opposizione».

E com’è il bilancio sinora?
«Molto positivo. Abbiamo ottenuto tre successi. Il primo è il cambio di marcia nell’organizzazione della campagna and-Covid: nulla di personale contro Arcuri, ma uno non può svolgere contemporaneamente tutti quegli incarichi. L’arrivo del generale Figliuolo è una nostra vittoria politica. Secondo risultato, il blocco delle cartelle esattoriali. Terzo, i congedi parentali e gli altri aiuti che saranno dati alle famiglie in caso di chiusura delle scuole».

C’è ancora molto da fare. Il “decreto sostegno” vi piace?
«Dipende. Nel testo che è stato anticipato, la parte fiscale va nella giusta direzione. La parte sui ristori invece non è soddisfacente. Idee troppo simili a quelle del governo Conte, che non hanno aiutato davvero chi è in difficoltà. Ci stiamo battendo per il sostegno al mondo della montagna e dello sci, che non riguarda certo solo il Nord, e per l’abolizione dei codici Ateco nella concessione dei ristori alle aziende».

Insieme al resto del centrodestra presto dovrete scegliere il candidato per Roma. Guido Bertolaso dice che gli impegni presi in Lombardia lo escludono dalla lista. Voi puntate ancora su di lui?
«Assolutamente sì. Roma deve riprendersi da una crisi devastante. Basta girare per la città e vedere quante sono le saracinesche dei negozi abbassate, anche in pieno centro. Bertolaso sarebbe il miglior sindaco possibile».

Ma da Draghi cosa attendete? Una riforma complessiva del Paese oppure vaccinazioni, ristori e poche altre cose mirate?
«La priorità è vincere contro il Coronavirus, batterlo sul fronte sanitario e su quello economico. Questo va fatto usando i soldi del Recovery plan, per i quali sono necessarie le riforme di giustizia, fisco, burocrazia e mercato del lavoro. Già riuscirci sarebbe un grande risultato».

Dopo di che?
«Dopo di che, non so cos’altro possano fare insieme forze tanto eterogenee. Per noi la convivenza con chi è così diverso ha senso solo durante l’emergenza. Adesso gioca la nazionale, ma quando la pandemia finisce è giusto che ricominci il campionato e ognuno indossi di nuovo la maglia del proprio club».

#RaffaellaCarrà verrà ricordata come una delle più grandi stelle dello spettacolo. Conosciuta in tutto il mondo ha rappresentato la cultura e i costumi dell'Italia, il suo talento e la sua contagiosa risata resteranno per sempre scolpiti nella storia dello showbiz. Ci mancherà 🙏

Auguri di pronta guarigione a #PapaFrancesco. Preghiamo tutti per la salute del @Pontifex_it. #Roma e la sua Chiesa hanno bisogno di lui. 🙏

NO AL REATO D'OPINIONE #DDLZan

“We the people” tell the government what to do, it doesn’t tell us. “We the people” are the driver, the government is the car. And we decide where it should go, and by what route, and how fast.“We the people” are free. R.Reagan #Happy4thofJuly to our American partners!
🇺🇸🇮🇹🇪🇺