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Tajani sugli sbarchi: “Un problema mondiale. Serve un piano Marshall che coinvolga l’Onu” – Intervista a “Nazione – Carlino – Giorno”

Roma, 4 ottobre 2023

Ministro Antonio Tajani, ci sono tensioni con i magistrati, con le ong, con Berlino: il tema migranti è sempre più centrale e divisivo. Vi sentite assediati?

“Non è questione di sentirsi assediati, ma di trovare soluzioni a un problema che è europeo se non mondiale, quello delle migrazioni, sul quale bisogna dare risposte concrete. Il fenomeno è talmente ampio che è necessario coinvolgere l’Europa, ma anche le Nazioni Unite, e tutte le agenzie internazionali dell’Onu. È anche una questione strategica: se si tarda, se l’Europa sta ferma e non ha la capacità di essere attore positivo e propositivo in Africa, altri come la Russia e la Cina lo faranno. Anzi, lo stanno già facendo. E noi perderemmo qualsiasi ruolo in Africa”.

Servirebbe un piano Mattei…

“E infatti lo faremo, ma non basta il piano Mattei. Il piano Mattei sarà per la parte italiana, qui serve un vero piano Marshall europeo, con risorse rilevanti e un coinvolgimento che sia ampio e nel quale l’Onu deve giocare un ruolo importante. Le migrazioni hanno una serie di concause, dall’instabilità politica ai cambiamenti climatici al mancato sviluppo economico che tarda a creare opportunità per i giovani africani. O si agisce tutti assieme, o il problema non si risolve e le migrazioni continueranno”.

E quindi, quale è la strategia?

“Abbiamo già una strategia europea che prevede intanto una azione forte contro i trafficanti di esseri umani. E poi bisogna lavorare su accessi ordinati e sicuri: l’Italia in quattro anni darà accesso legale a quasi mezzo milione di migranti regolari, quelli che servono alla nostra economia, mentre i migrati irregolari sono un problema. Stiamo lavorando con alcuni paesi africani, come la Costa d’Avorio e la Guinea, per ottenere che possano riprendere i loro compatrioti giunti irregolarmente. Stiamo lavorando con la Tunisia con un accordo ampio, pensiamo ad accordi in base ai quali i Paesi africani possano lavorare in loco le materie prime di cui sono ricchi, creando lavoro. Serve una strategia comprensiva, non una tattica, e l’Europa deve convincersi di questo”.

Al vertice di Granada si potrà trovare una posizione comune europea sulle migrazioni?

“Io mi auguro che questo possa accadere e che non prevalgano gli interessi elettorali nazionali, che poi si ritorcerebbero contro i Paesi che non hanno voluto trovare una sintesi”.

A Granada si palerà molto di allargamento dell’Unione, Ucraina compresa: con quali tempi?

“Innanzitutto dobbiamo pensare ai paesi dei Balcani, che sono candidati da più tempo e il cui ingresso nell’Unione potrebbe contribuire a superare tensioni ancora non sopite: il presidente del Consiglio Ue Charles Michel ha detto che si potrebbe pensare al 2030, io credo che si possa anche anticipare. E poi ci sono la Moldavia e l’Ucraina, mentre la Georgia ancora non è candidata. Già il riconoscimento dello status di candidato è un riconoscimento importante. Bisognerà rispettare il percorso che tutti paesi hanno dovuto fare per entrare nell’Unione. Ma io ho detto a Zelensky che siamo disponibili ad aiutare l’Ucraina a darle una mano ovunque ne ravvisino la necessità. Ad esempio, sulla corruzione ho suggerito di far formare le loro forze di polizia dalla nostra Guardia di Finanza. Ovviamente, non è pensabile far entrare un Paese in guerra, ma i tempi per l’ingresso sono misurabili nell’ordine del decennio e la guerra allora sarà finita”.

A proposito di Ucraina: c’è il rischio di uno sganciamento progressivo? Oggi la Slovacchia, domani qualche altro Paese con gli Stati Uniti impegnati nella campagna elettorale e soggetti a ritardi negli aiuti, come quello che vediamo in questi giorni?

“Non vedo questo pericolo. Lunedì i ministri degli Esteri dei Paesi europei erano a Kiev proprio per mostrare la loro solidarietà all’Ucraina. E lo stesso Biden ha rassicurato gli alleati. Certo, bisogna lavorare per la pace, ma facendo il modo che sia garantita l’indipendenza dell’Ucraina, e gli aiuti militari servono a questo. Dobbiamo avere un doppio binario, essere vicini a Kiev dandole quello che le serve per difendersi dall’aggressione e al tempo stesso incoraggiare ogni processo di dialogo, da quello sul grano promosso dalla Turchia a quello del Papa. Dobbiamo premere sulla Cina per convincerla a fare di più per portare i russi alla pace. Siamo disponibili a ogni sforzo negoziale per la pace, ma a una condizione: che sia una pace giusta”.

Torniamo in Italia per parlare di una manovra che si annuncia difficile vista la scarsità di risorse. Quali sono le sue priorità?

“Dobbiamo dare più soldi in tasca alla gente. Questa manovra è oggettivamente difficile. Le mie priorità sono la prosecuzione del taglio del cuneo fiscale, interventi sul salario come la detassazione delle ore di straordinario, magari delle tredicesime. E poi i sono i contatti pubblici, dando priorità a sanità, forze dell’ordine e forze armate. Quindi dobbiamo intervenire sulle pensioni, vedremo come. E poi anche per trovare risorse dobbiamo andare avanti con le privatizzazioni. Quel che è possibile fare quest’anno, lo faremo, poi avremo altri quattro anni per procedere sulla strada avviata”.