Il neosegretario del partito: è nel programma di governo. No al salario minimo: è una misura da Urss. “A Bruxelles con una nuova maggioranza, ma senza anti-europeisti. Soglia al 3%? Una priorità per altri”
Guidare Forza Italia dopo il Cavaliere è impresa fra le più difficili. Il primo a rendersene conto è Antonio Tajani, da cinque giorni segretario del partito: “È una responsabilità enorme. Anche perché non esiste l’erede di Berlusconi. Tutti insieme noi siamo chiamati a trasformare in realtà i sogni che lui non è riuscito a realizzare”.
Al Consiglio nazionale lei ha ribadito l’assoluta continuità rispetto al presidente, ma dal ’94 sono passati 30 anni. Cosa deve fare FI per adeguare quell’eredità alla fase attuale?
“Nulla. Il pensiero di Berlusconi è attualissimo. Le grandi riforme liberali della burocrazia, della giustizia, del fisco possono liberare la nostra economia, portando tutti a vivere meglio e a guadagnare di più”.
Perché allora questa strenua opposizione al salario minimo?
“Perché noi non ci accontentiamo: vogliamo che i lavoratori abbiano un salario ’ricco’, che permetta loro di stare bene, di avere un certo potere d’acquisto. I salari livellati verso il basso c’erano nell’Urss, ovvero nei regimi vetero-socialisti. Noi siamo ambiziosi, a differenza di chi sponsorizza il salario minimo”.
Sabato ha fatto capire che il fantomatico terzo Polo esiste ed è Forza Italia. Ma non è il partito che ha costruito il bipolarismo italiano?
“Noi siamo bipolaristi. Siamo il centro nel centrodestra, e siamo alternativi alla sinistra”.
Qualche mese fa, FI sembrava lacerata da un conflitto interno tra un’area più legata al governo e una più critica: quella diversità di vedute si riproporrà o è stata ricomposta una volta per tutte?
“La linea politica è una sola: siamo stati eletti per stare al governo e sostenerlo”.
Senza essere ‘coscienze critiche’?
“Non si tratta di essere ’coscienze critiche’, ma di portare al tavolo le nostre idee restando con gli alleati leali, seri e affidabili”.
Lei è ministro degli Esteri, vicepremier e vicepresidente del Ppe. Ritiene possibile un’alleanza popolari-conservatori-liberali in Europa?
“È un obiettivo che perseguiamo e che si è già realizzato con la mia candidatura a presidente del Parlamento europeo”.
Se fossero imprescindibili, accettereste i voti del Rassemblement National o di Afd?
“No. Non si può fare un accordo con forze antieuropeiste per governare l’Europa”.
Sono due partiti alleati con la Lega in Europa.
“Non vedo un problema in Europa con Salvini e Lega. Ma con l’Afd e con Le Pen”.
È possibile una riproposizione della maggioranza Ursula, cioè un’alleanza popolari-socialisti?
“La maggioranza Ursula è nata per impedire a Frans Timmermans di diventare presidente della Commissione Europea: si è trovata una soluzione, appoggiata dai conservatori, che ha permesso di puntare sull’esponente del Ppe”.
Ecco: se fosse necessario come nel 2019?
“L’obiettivo è il bipolarismo anche a livello europeo, poi bisogna vedere i risultati. Tenendo presente che l’assetto europeo si costruisce in maniera diversa da quello italiano, in ballo ci sono tre istituzioni: Parlamento, Consiglio e Commissione”.
È favorevole ad abbassare la soglia dal 4 al 3% nella legge elettorale per le Europee?
“Lo chiedono le forze minori ma a me pare che il 4% sia uno sbarramento positivo, che permette a tutti di essere rappresentati”.
Qual è l’asticella che ha fissato per il voto del 2024?
“Un punto in più del sondaggio migliore”.
Salvini insiste per la pace fiscale: è d’accordo?
“Siamo sempre stati favorevoli a una pace fiscale. Ma deve essere chiaro: siamo contro qualsiasi condono. Noi chiediamo di dare la possibilità a chi ha sempre pagato le tasse se, per motivi oggettivi, si trova in difficoltà di avere una riduzione della somma dovuta se paga subito”.
Non è un insulto a chi ha sempre pagato tutto?
“No. Una sanatoria sarebbe un’offesa a chi ha sempre pagato. Qui si parla di un concordato, ovvero di concordare un pagamento ridotto”.
Andiamo alla vera nota dolente: la riforma della giustizia. La lettera di Marina Berlusconi al Giornale è una forte spinta a non arretrare e andare avanti fino alla separazione delle carriere.
“Sì, noi vogliamo che si faccia. La bilancia della giustizia è l’esempio perfetto per spiegare ciò che per noi dovrebbe accadere nei tribunali: i due piatti, accusa e difesa, devono essere sullo stesso piano. Al centro, un giudice imparziale”.
La riforma continua ad essere rinviata: chiederete tempi certi?
“È una proposta di governo. L’importante che ci sia la volontà di farla. Servono 5 anni per attuare il programma elettorale. non si può fare tutto in 6 mesi”.