Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha quel suo modo di minimizzare, quasi a non volersi dare importanza, eppure la grazia a Patrick Zaki concessa in 24 ore dal presidente egiziano, Abdel Fattah al Sisi, non è proprio una cosa da tutti i giorni: «Qualcuno mi ha detto che è stato un capolavoro diplomatico — si schermisce il ministro, vicepremier e ora pure segretario di Forza Italia -. Beh allora vorrei ricordare la liberazione in Iran di Alessia Piperno, il 10 novembre scorso. In fondo, il metodo, il modus operandi, è stato lo stesso, con l’Egitto come con l’Iran: grande gioco di squadra tra noi, Palazzo Chigi, i nostri ambasciatori, la nostra intelligence. E poi silenzio, discrezione, concretezza, toni bassi, nessuna minaccia e assolutamente nessun baratto. La liberazione di Alessia e di Patrick sono avvenute senza nulla in cambio».
Ecco, il baratto. Qualcuno ha pure pensato che Al Sisi, in cambio di Zaki, abbia chiesto all’Italia di mettere definitivamente la sordina al caso di Giulio Regeni, il giovane ricercatore trovato morto assassinato al Cairo ormai più di 7 anni fa. «Una balla colossale — dice Tajani —. Nei nostri incontri al Cairo il presidente egiziano ha sempre tirato fuori per primo il caso Regeni, perfettamente conscio, m’è parso di capire, dell’importanza della vicenda per il futuro delle relazioni tra i nostri Paesi. Anche su Zaki, Al Sisi mi ha sempre promesso tutte le volte che ci siamo visti che lui avrebbe risolto il problema. Nessuno ci credeva, eppure io gli ho dato fiducia e abbiamo visto com’è finita. Ora aspettiamo che anche sul caso Regeni l’Egitto faccia un passo avanti: che ci dia più informazioni, per sapere finalmente cosa accadde davvero a Giulio. Per lui, com’è stato per Zaki, mai lasceremo la presa».
Gli incontri, quest’anno al Cairo, del ministro Tajani con il presidente egiziano sono stati due, il 21 gennaio e il 14 marzo. «Abbiamo lavorato tanto, tutti insieme, in perfetta intesa, in condivisione, all’unanimità, fin dalla nascita di questo governo. La premier Giorgia Meloni si è spesa in prima persona per riportare in Italia il ragazzo e la voglio ringraziare pubblicamente. Ricorderete il suo primo incontro con Al Sisi il 7 novembre dell’anno scorso a Sharm. Quando sono andato al Cairo, a gennaio e poi a marzo, il governo egiziano ha apprezzato molto che io avessi portato con me anche rappresentanti del mondo agricolo per parlare di sviluppo delle colture nell’area del Nilo. Problemi concreti, che stanno a cuore al presidente egiziano. Ecco perché due giorni fa quando sono andato in Parlamento per il question time, dopo che Zaki era stato condannato dal tribunale egiziano a tornare in carcere, c’era chi mi chiedeva di fare dichiarazioni di fuoco. Ma io sapevo che qualcosa di buono si stava muovendo e allora ho raccomandato invece prudenza ai colleghi e ho detto pure intelligenti pauca… Insomma: a buon intenditor poche parole, pazientate ancora un po’ e vedrete»
E domenica a Roma, alla Farnesina, Giorgia Meloni presiederà la Conferenza sullo Sviluppo e le Migrazioni: «Un appuntamento importantissimo — osserva il ministro degli Esteri — ci sarà la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen e tanti capi di Stato europei, decine di leader africani e dei Paesi del Golfo. Si parlerà non solo di immigrazione, anche di crescita, stabilità, lotta ai trafficanti. E il giorno dopo, sempre a Roma, comincerà il vertice Fao sulla sicurezza alimentare, con oltre 200 Paesi, fino a mercoledì. É significativo che sia stata scelta proprio Roma come sede di questo evento, in un momento delicatissimo per l’economia mondiale. L’Italia vuol essere protagonista di pace».
La vicenda del grano ucraino però crea problemi, lo stop della Russia rischia di scatenare grandi tensioni sociali. Tajani è molto preoccupato: «Questo in futuro potrebbe provocare per esempio la fuga dai Paesi africani di migliaia di persone che non possono più nutrirsi, quindi la situazione si aggraverà, nel giro di un paio di mesi certamente ci saranno dei rischi».
Ecco perché da domenica a mercoledì Roma diventa centrale: «Certamente — conferma il ministro degli Esteri —. Noi stiamo lavorando molto, anche attraverso le Nazioni Unite, sostenendo le azioni del Vaticano e della Turchia, affinché si possa riaprire il confronto tra russi e ucraini. Accanirsi con popoli che non hanno nulla a che fare con la guerra, come sta facendo la Russia bloccando il grano, è profondamente ingiusto, disumano. Se non arriva più il cibo in Africa a pagarne il prezzo saranno milioni di africani innocenti. Perciò di sicuro continueremo ad operare perché almeno il corridoio che porta ancora il grano oggi attraverso la Romania e arriva al porto di Trieste possa continuare ad essere in funzione, magari con più quantitativi esportati».
Il colloquio è finito, Tajani deve volare a Bruxelles dove l’aspettano per il Consiglio degli affari esteri. L’ultimo pensiero, naturalmente, è per Zaki: «So che dopo la liberazione ci ha tenuto a ringraziare l’ambasciatore e il governo italiano, noi siamo molto contenti per lui, ora finalmente potrà venire nel nostro Paese e avere davanti una bella carriera».