La «buona, ottima notizia» che riporta a casa da Bruxelles, dove ha partecipato al vertice informale dei ministri di Esteri e Difesa europei, è che «ci siamo accordati, su iniziativa italiana, affinché la missione Aspides protegga la petroliera greca Delta Sounion attaccata dagli Houthi nel Mar Rosso, anche con l’apporto Usa e dell’Arabia Saudita. Il rischio è quello di un disastro ambientale, ma lo eviteremo». Per il resto, Antonio Tajani ci tiene a rinnovare, in ore difficili per la crisi in Medio Oriente, il suo appello già lanciato mercoledì dopo una lunga telefonata con il segretario di Stato Usa Blinken perché tutte le parti «tengano i nervi saldi, evitino reazioni che avrebbero effetti deleteri». E guarda alle prossime decisioni europee. Con ottimismo: anche grazie «al lavoro di Forza Italia», partito di cui è segretario, e al suo personale e riconosciuto, «l’Italia avrà un ruolo importante nella prossima Commissione Ue».
Lei ha parlato con Ursula von der Leyen e con Roberta Metsola: ha avuto garanzie che non ci saranno «ritorsioni» per il voto contrario di FdI e Lega?
«Ne sono certo. Primo, perché il secondo partito di governo, noi, ha votato von der Leyen e prima ha sostenuto, come la premier Meloni, la Commissione tutte le volte che si è mossa in modo equo e condivisibile. E così sarà anche in futuro. Secondo, perché non è un favore darci un ruolo centrale, ma è la stessa Europa che ha bisogno dell’Italia. Terzo, perché proporremo un commissario di grande equilibrio ed esperienza, ed europeista, come Fitto. Infine, perché la stella polare di FI è e resterà l’Europa e i rapporti transatlantici. Siamo una garanzia, non si fa a meno dell’Italia».
Su Fitto quindi siete uniti. Lo sarà anche la sinistra?
«Mi auguro che anche l’opposizione lo sostenga e lo voti perché in Europa conta avere forza come Paese, indipendentemente dal partito da cui si proviene. Berlusconi andò a sostenere Gentiloni di persona a Bruxelles».
È stata una giornata di polemiche per lei, che ha respinto le due proposte di Borrell sul permesso all’Ucraina a usare le armi fornite dagli alleati anche in territorio russo e le sanzioni contro i ministri israeliani che hanno usato parole «di odio» nei confronti dei palestinesi.
«Io davvero non capisco come si possa fare polemica sulla posizione italiana, che è assolutamente equilibrata e responsabile».
Cominciamo dall’Ucraina.
«Siamo con l’Ucraina senza se e senza ma. Abbiamo fornito aiuti militari, politici e umanitari, con ben nove pacchetti di provvedimenti. Ospiteremo la conferenza per la ricostruzione nel giugno del 2025, lavoriamo per una conferenza di pace. Ma non siamo in guerra con la Russia. Che autorizzazione diamo, a bombardare Mosca? Quale sarebbe il limite? Senza propaganda, bisogna essere seri, evitando ogni possibile escalation. E questo facciamo dal primo giorno. Poi vorrei ricordare una cosa».
Cosa?
«Primo, che Borrell parla a proprio nome, non a nome degli Stati membri, che hanno peraltro legislazioni diverse e ieri infatti non si sono espressi. E, comunque, nel suo ruolo di Alto rappresentante è uscente».
Ma il tema di sanzioni ai ministri israeliani esiste.
«Credo sia un grave errore. Una cosa è sanzionare i coloni che hanno compiuto violenze, altra i ministri di un governo in carica. Vorrebbe dire rompere le relazioni diplomatiche con Israele. A chi gioverebbe? Si rischierebbe solo un inasprimento del conflitto e l’impossibilità di far parte dei mediatori».
E come si evitano le azioni aggressive di Israele?
«Si deve dire quando la reazione è sproporzionata, condannarla. Ma le sanzioni avrebbero solo un effetto di rottura. Così come, al contrario, riconoscere unilateralmente lo Stato di Palestina di concreto purtroppo non porta a nulla. La tensione è alta, la situazione è delicatissima. Serve diplomazia. Noi ci siamo messi a disposizione, con l’operazione “Food for Gaza”, abbiamo insistito per avere la tregua umanitaria per vaccinare i bambini, confermiamo la nostra disponibilità a una operazione Onu per la costruzione dello Stato di Palestina, perché siamo per due popoli due Stati. Ma senza slogan o azioni unilaterali e controproducenti. Se c’è un Paese che ha una linea chiara in politica estera, quello è l’Italia».