27 Agosto 2023

Tajani: «Tassa extraprofitti, escludere titoli di Stato e piccole banche» – Intervista a “Il Sole 24 Ore”

Forza Italia lavora a quattro emendamenti per modificare, nel dibattito parlamentare, la tassa sugli extra profitti delle banche. Tra questi l’esclusione dalla nuova imposizione dei rendimenti dei titoli di Stato, l’esenzione per le piccole banche, oltre a rendere deducibile la gabella (anche parzialmente) e a evitare che l’imposta, per ora riferita al 2023, sia prorogabile. Lo afferma Antonio Tajani, vicepremier, ministro degli Esteri e segretario di Forza Italia. «Bisogna rivedere la norma affinchè non crei problemi al nostro sistema economicofinanziario e non ci siano ricadute sulle prossime aste per i titoli di Stato». Secondo Tajani, che annuncia per il 6 settembre la prima riunione di maggioranza sulla manovra, le priorità sono la detassazione dei salari, partendo da quelli più bassi, e l’aumento delle pensioni minime.

Ministro, la tassa sugli extra profitti è da riscrivere?

Sono preoccupato. Parto da un principio: è giusto che le banche in questo momento siano chiamate a dare un contributo. Su questo sono d’accordo, mentre come Forza Italia siamo in disaccordo sul metodo con il quale è stata introdotta. Ora però bisogna scrivere bene la norma affinché produca un effetto positivo sui conti dello Stato senza creare problemi al nostro sistema economico-finanziario e al bilancio dello Stato. Una delle preoccupazioni è legata al fatto che si tassano i rendimenti dei titoli di Stato invece di incentivare le banche a questi titoli. Poiché sono oltre 400 miliardi quelli detenuti dalle banche (sono il secondo detentore per dimensioni dopo la Banca d’Italia) rischiamo che ci siano ricadute sulle prossime aste, perché gli istituti di credito potrebbero non essere invogliati a partecipare. Mi preoccupo della stabilità finanziaria e del bilancio dello Stato. È necessario fare in modo che un eventuale gettito di 2-3 miliardi sia assicurato senza fare norme inique. Intendiamo presentare emendamenti in Parlamento per correggere 4 punti. Dobbiamo tutelare le banche di piccole dimensioni, che non possono essere messe sullo stesso piano delle banche più grandi. Bcc e Popolari rischiano di pagare in proporzione di più degli istituti più grandi. E questo anche per un tema legato al trattamento prudenziale, perché le realtà più piccole adottano i modelli standard mentre quelle più grandi adottano modelli interni che danno maggiori possibilità di mitigare l’impatto della tassazione. C’è, peraltro, un aspetto non chiaro nella norma: tassiamo solo gli utili prodotti in Italia, o anche quelli generati all’estero dai gruppi che hanno attività oltre confine? Altro aspetto da modificare è la parte inerente l’aggravio di tassazione sui titoli di Stato, escludendoli. Poi l’introduzione della deducibilità di questa tassa, non consentita dalla norma, e l’indicazione che l’imposta è una tantum.

Ma la norma è già chiara: la tassa vale per il 2023.

Dobbiamo rendere questo ancora più chiaro ed evitare che ci sia la tentazione di prorogarla. Ho apprezzato la dichiarazione del senatore Lucio Malan di Fdi, il quale ha affermato che il testo si può modificare in parlamento. È importante rassicurare gli investitori esteri e chi fa impresa. Detto questo, gli introiti della tassa sono necessari per le misure previste dalla manovra. Tra queste la priorità sarà aumentare il potere d’acquisto delle famiglie. Non attraverso tutele come il salario minimo che in Italia, dove la contrattazione collettiva è diffusa, avrebbe poco senso, ma – come abbiamo previsto in una proposta di legge – riducendo la tassazione progressivamente su tredicesime, straordinari, festivi e premi di produzione. Vanno trovate le coperture, ma il principio è quello di iniziare, partendo dai salari più bassi, un percorso che può essere implementato nel tempo. L’obiettivo di fondo che deve guidare l’azione del governo è quello della crescita, che faccia perno su alcune sfide prioritarie. Dal mio punto di vista tra queste sfide ci sono le riforme, tra le quali la riforma tributaria e quella della giustizia civile, che vale il 3% del Pil. Un’altra grande riforma è legata alle privatizzazioni. Tutto questo è necessario a rimettere in moto l’economia e a convincere famiglie e imprese che detengono 1.800 miliardi di liquidità presso le banche a investirli.

La precedente stagione di privatizzazioni non si è rivelata un grande successo, però, e c’è già chi nel governo storce il naso, come la Lega.

Non intendo svendere le infrastrutture pubbliche. La mia proposta prevede un progetto che aumenti la privatizzazione e le liberalizzazioni nel settore dei servizi, a fronte di un controllo severo da parte dello Stato. La Cdp, ad esempio, potrebbe avere una partecipazione di riferimento ed esprimere la figura del presidente nei cda. Nel caso dei porti, ad esempio, ci sono già molte banchine in mano ai privati. Si tratta di affidare in concessione la gestione, mentre la linea di indirizzo sarebbe comunque statale e i beni resterebbero di proprietà pubblica. L’obiettivo è creare più efficienza e ridurre l’impiego di denaro pubblico. L’impresa privata può portare anche innovazione e aumentare l’attrattività dei nostri servizi. I settori coinvolti potrebbero essere molti, anche i servizi locali come trasporti e rifiuti. All’interno della maggioranza del governo non ne abbiamo parlato: stiamo ponendo un tema sul quale l’auspicio è che si apra un dibattito.

Recenti iniziative del governo, dal possesso di Ita all’obiettivo di rilevare la rete di Tim, sono però in contrasto con le privatizzazioni.

Ci sono alcune attività di interesse nazionale nelle quali lo Stato può e deve intervenire.

Nell’ambito della manovra come si fanno a finanziare interventi di lungo periodo, come le detassazioni dei redditi, con i proventi della tassa sugli extra profitti che è una tantum?

Mi auguro che l’inflazione non continui a restare su questi livelli a lungo. Abbiamo vissuto anni di emergenze, spero che ora si torni a una situazione più normale.

Il presidente della Fed Powell ha dichiarato che non vede margini per tagli dei tassi di interesse. Anche la presidente della Bce Lagarde ha detto che la battaglia contro l’inflazione non è vinta.

Continuo a non essere d’accordo con la posizione della presidente della Bce Lagarde. L’inflazione Usa non è come quella europea, è provocata dalla crescita mentre in Europa è stata innescata dal rincaro dei prezzi dell’energia e delle materie prime a seguito della guerra. Se si continua ad aumentare i tassi in questo modo si bloccherà l’accesso al credito e a quel punto non ci può più essere crescita economica.

Torniamo alla manovra. Quali altre priorità ci sono?

Dobbiamo stabilizzare le misure per la riduzione del cuneo fiscale fino al 31 dicembre. L’altro tema importante sono le pensioni, anche in questo caso la tutela del potere d’acquisto è importante. Abbiamo portato fino a 600 euro le pensioni minime, ma l’obiettivo è arrivare a mille euro a fine legislatura. I fondi si possono reperire, c’è anche il contributo della lotta all’evasione, che, nel momento in cui riduci la pressione fiscale, diventa più facile ma deve restare rigorosa. Lì si possono recuperare anche oltre 10 miliardi.

Quanto potrà valere la prossima manovra?

Faremo il punto su questo nella riunione di maggioranza, che sarà spostata al 6 settembre, quando sarò di ritorno dal viaggio in Cina.

L’entità della manovra è connessa con il patto di stabilità. Dal primo gennaio torneranno in vigore le vecchie regole o ci sono margini per un accordo su un modello più flessibile?

Il dibattito è aperto: la proposta della Commissione europea è migliore del precedente modello, ma non va ancora bene. È necessario trovare un accordo con Bruxelles: a suo tempo avevo detto che si poteva pensare a una dilazione di 6 mesi. Inoltre è necessario escludere dal deficit alcune spese, come ad esempio le spese per la guerra in Ucraina o gli investimenti per il Pnrr. Non si può pretendere, però, di adottare un patto di stabilità e crescita che aiuti solo alcuni paesi europei. L’Europa funziona se c’è una visione comune: non si può fare il patto di stabilità e poi non completare l’Unione bancaria o non fare l’armonizzazione fiscale. Il governo è coeso su questi aspetti. Il vecchio patto di stabilità, in ogni caso, non può e non deve tornare in vigore.

I tempi sono maturi perché l’Italia ratifichi le modifiche al Mes?

Vediamo cosa accadrà quando il testo arriverà in aula. Ero favorevole all’uso del Mes sanitario. Ho perplessità, direi europeiste, sul nuovo regolamento del Mes. E questo perché la struttura dei meccanismo di stabilità non è sottoposta ad alcun controllo nell’Unione europea, il suo direttore non rende conto a nessuno. Anche se penso che alla fine il Mes non lo userà nessuno. Ma questa vicenda rientra nel discorso della visione europea che deve essere comune: è necessario ragionare su un pacchetto complessivo. Se si ragiona su patto di stabilità e Mes, allora va fatto anche per l’Unione bancaria e l’armonizzazione fiscale. Alcuni paesi europei più rigoristi non possono continuare a chiedere senza dare.

#RaffaellaCarrà verrà ricordata come una delle più grandi stelle dello spettacolo. Conosciuta in tutto il mondo ha rappresentato la cultura e i costumi dell'Italia, il suo talento e la sua contagiosa risata resteranno per sempre scolpiti nella storia dello showbiz. Ci mancherà 🙏

Auguri di pronta guarigione a #PapaFrancesco. Preghiamo tutti per la salute del @Pontifex_it. #Roma e la sua Chiesa hanno bisogno di lui. 🙏

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